top of page

... e più tardi... questo quello che abbiamo scoperto curiosando tra libri e rete internet

Già gli Ittiti  lo chiamavano mellit; gli Egizi lo mettevano nelle tombe dei faraoni assieme ai corredi d’oro e i vasetti di coccio, aperti dagli archeologi dopo 4000 anni, contenevano miele ancora perfettamente conservato.

Il faraone Ramsete II pagava i suoi dignitari con vasetti di purissimo miele; l’Iliade ci racconta che la bevanda ufficiale nell’Olimpo era l’idromele, una sorta di birra ottenuta facendo fermentare i favi nell’acqua; il  poeta Virgilio era apicultore, e se ne vantava, prediligendo il miele di timo; nei monasteri medioevali i frati curavano col miele praticamente tutto, dalla febbre alla depressione alle scottature. E anche Maometto esortava i suoi seguaci a farne abbondante uso.

Un’antichissima leggenda scritta su un papiro egizio conservato al British Museum di Londra, racconta che quando il dio Sole, Ra, piangeva d’amore, le sue lacrime cadendo a terra si trasformavano in miele: “E le api costruirono la loro dimora riempiendola di fiori di ogni genere di pianta; nacque così la cera ed anche il miele, tutto originato dalle lacrime di Ra”.

Quindi il miele è da sempre, e universalmente, parola evocatrice di dolcezza.
E cosa v’è di dolce più dell’amore?

Nell’indiano Rig Veda, il più antico testo religioso del mondo, stilato circa 5000 anni fa, il termine “madhu” significa sia “miele” che “donna”.

Sempre in India, il potentissimo dio indiano dell’amore chiamato Kama, è raffigurato armato di un arco magico la cui corda è costituita da una catena di api.
D’altronde pure la nostra mitologia narra che le divine frecce di Cupido, per fare effetto, dovevano essere prima pucciate nel miele.

 

Modi di dire: nei paesi di lingua inglese l’innamorato si rivolge alla sua bella chiamandola “honey“, miele, e in tutta Europa era in voga il vezzeggiativo amoroso “boccuccia di miele“.

Per questo anche il primo mese (luna) di matrimonio viene da millenni definito “di miele“, indicandolo come il più dolce di tutta la vita a due.

Ciò deriva dal fatto che gli i novelli sposi dell’antica Roma, dopo aver festeggiato con dolci e cibi rigorosamente a base di miele (alimento che ricevevano pure come dono di nozze), al momento di entrare nella loro casa -dove sarebbero rimasti soli e indisurbati appunto per un’intera luna-  si trovavano la soglia dell’uscio spalmata in modo bene augurale del dolcissimo prodotto.

 

 

La saggezza popolare di tutti i tempi ha utilizzato la dorata, trasparente squisitezza in innumerevoli proverbi.

Il miele è soprattutto simbolo di positività. Gli inglesi, ad esempio, per indicare un luogo dove prospera la ricchezza e l’industria, dicono “Dove son api, è miele“.
Però non si può ottenere benessere senza fatica, impegno e qualche rischio. Infatti gli irlandesi affermano che “Il miele è dolce, ma l’ape punge“, mentre per gli olandesi “Il miele della ricchezza si raccoglie nell’alveare della diligenza“.

Per definire l’immenso potere della dolcezza sull’animo umano, i russi affermano che “Col miele si prendono non solo le mosche, ma anche gli orsi” e per gli spagnoli “Si piglian più mosche con un cucchiaio di miele che con venti botti d’aceto“.

Ma bisogna fare attenzione a chi si mostra troppo gentile. Secondo i rumeni “A parole di miele seguon spesso fatti di fiele” mentre, per i tedeschi, anche mostrarsi troppo dolci è pericoloso perché “Fatti di miele e ti mangeranno le mosche

In fondo troppa dolcezza stroppia: “Troppo miele fa inacidir lo stomaco“, dicevano già i saggi latini, aggiungendo  “Lecca il miele col tuo dito mignolo“ ossia: nei piaceri vacci piano.

 

La saggezza dei Nativi americani ... già allora erano noto che spesso, l'uomo è molto bravo a combinare disastri ambientali!!!

 

Nei tempi antichi, quando gli uomini erano più puri, riuscivano a conversare con gli animali e il Creatore faceva loro visita, gli chiesero qualcosa di dolce da mangiare. Il Creatore plasmò l’ape, che non aveva ancora il pungiglione.

L’Ape arrivò sulla terra e trovò un albero dove poter costruire il proprio alveare, per fare il miele, moltiplicarsi e nutrire i piccoli. Presto gli uomini giunsero dall’Ape e le chiesero un po’ del suo dolce sciroppo. Le Api diedero a ognuno un recipiente pieno di miele. Gli uomini lo apprezzarono molto e lo mangiarono avidamente, poi tornarono per averne ancora.
L’Ape rispose: “Per un po’ non avrò più miele da darvi. Dovete aspettare”. Gli uomini non furono felici, perché desideravano ardentemente il dolce sciroppo. Chiamarono il Creatore e gli dissero: “L’Ape non ci dà abbastanza sciroppo dorato. Ne vogliamo di più!”. Il Creatore allora inviò sulla terra il Popolo dei Fiori, che iniziò a produrre un’enorme varietà di fiori da impollinare perché le Api potessero produrre più miele. Per attrarle, sbocciarono meravigliosi fiori di tutti i colori: azzurri, rossi, arancioni, viola e gialli. Vennero create più Api per impollinarli tutti. L’alveare si ingrandì molto. Gli uomini, vedendo che era diventato così grande, arrivarono per avere ancora sciroppo dolce. Le Api diedero loro molto miele, ma ne tennero per sé abbastanza per nutrire i loro piccoli. Gli uomini divorarono lo sciroppo e ne vollero ancora. Le Api risposero: “Non ne abbiamo più, dovete aspettare”.
Gli uomini erano arrabbiati, e chiesero al Popolo dei Fiori di produrre più fiori, per poter avere più miele. Il Popolo dei Fiori rispose: “Abbiamo fatto più fiori che potevamo, e sono stati impollinati tutti. Dovete aspettare fino a primavera”. “No”, dissero gli uomini, “Ne vogliamo di più adesso!”. Ritornarono all’alveare e lo distrussero, uccidendo quasi tutte le Api e prendendo il miele che restava.
Le Api superstiti erano in collera. Chiesero consiglio al Creatore. Anche lui era irritato per il comportamento degli uomini, così chiese al Popolo dei Fiori di far crescere dei rovi spinosi, perché le api li mangiassero. Le Api mangiarono le spine, che si trasformarono in pungiglioni. Il Popolo dei Fiori creò un recinto di rovi attorno all’alveare. Il giorno dopo gli uomini tornarono chiedendo più miele; ma i rovi attorno all’albero graffiarono e ferirono i loro corpi. Alcuni riuscirono ad arrivare all’alveare e, coperti di lividi, urlarono alle Api: “Dateci del miele, adesso, o faremo come abbiamo fatto ieri, distruggendo il vostro alveare e uccidendo i vostri piccoli!”. Le Api si arrabbiarono, un forte ronzio uscì dall’albero, e sciamarono fuori. Punsero gli uomini finché non furono pieni di piaghe, facendoli scappare.
Da quel giorno, gli uomini trattarono le api, i fiori e le piante con grande rispetto, promettendo sempre di rimpiazzare ciò che prendono, di non essere mai avidi e di non raccogliere mai più di ciò di cui hanno bisogno.

(leggenda Cherokee)

L'orso a caccia di miele

L'orso a caccia di miele

cherokee indian

cherokee indian

luna di miele

luna di miele

Da quando si parla di api?

Le api sociali attualmente vivono in  ogni angolo della terra, tranne che nelle estreme regioni polari.
Prima del XVI secolo erano presenti solo nel vecchio mondo, dove apparvero, evolvendosi e colonizzando il territorio, prima delle comparsa dell'uomo sulla terra.
L'uomo primitivo, si nutriva procurandosi  quello che la natura gli offriva: cacciagione, bacche e il dolce miele che prendeva dai nidi di api, costruiti all'interno di alberi cavi o nelle fessure delle rocce.

Sono un paragrafo. Clicca qui per aggiungere il tuo testo e modificami. Sono un posto ideale per raccontare una storia e condividerla con i tuoi utenti.

bottom of page